Le isole dell'arcipelago indonesiano si estendono per quasi 5000 km dal continente asiatico all'Oceano Pacifico. Ricche di risorse naturali e con un'incredibile varietà di culture, per secoli hanno attirato mercanti cinesi e indiani, colonizzatori europei, missionari, avventurieri, compagnie minerarie, intrepidi viaggiatori e turisti.
Le isole sono abitate da 300 gruppi etnici con culture distinte, che parlano 365 lingue e dialetti. A dispetto del motto nazionale 'unità nella diversità', queste culture sono minacciate dal processo di indonesianizzazione, a mano a mano che le isole vengono unificate sotto il dominio centralizzato di Java. È stato difficile difendere il concetto multiculturale di forza insita nella eterogeneità di fronte a una simile frammentazione geografica e culturale, e il governo indonesiano ha optato per un potere forte, centralizzato e poco democratico.
Il consolidamento dell'impero indonesiano ha provocato resistenza e insurrezioni, perlopiù ignorate dalla comunità internazionale. Il paese era stabile fino alla recente crisi finanziaria, soprattutto perché l'opposizione politica era soffocata e l'autorità del governo si basava sul potere militare. Dopo la caduta di Suharto, le ipotesi sulla direzione che l'Indonesia avrebbe preso sono divenute il passatempo preferito di ogni corrispondente estero, ma l'allarmante stato dell'economia, le crescenti tensioni tra musulmani e cristiani, gli scontri etnici a Kalimantan, i movimenti indipendentisti ad Aceh e Irian Jaya, gli infami gruppi paramilitari filogovernativi che terrorizzano Timor Est rendono ogni previsione puramente congetturale.